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CORONAVIRUS – DECRETO CURA ITALIA: GLI AIUTI ALLE IMPRESE

Il Decreto legge 17 marzo 2020, nr. 28, “Cura Italia”, contiene, come preannunciato nei giorni scorsi, una serie di aiuti finanziari ed economici alle imprese, distinguendo tra imprese che rientrano nel raggio di azione del Fondo di Garanzia per le piccole e medie imprese e imprese che non vi rientrano e per le quali interviene la Cassa depositi e prestiti Spa.

Vediamole insieme.

Per le imprese ricomprese nell’ambito di operatività del fondo si prevede una semplificazione di accesso ed in particolare:

  • l’accesso gratuito al fondo per nove mesi a partire dall’entrata in vigore del decreto e un aumento dell’importo massimo concesso fino a cinque milioni di euro;
  • Nei casi di intervento del fondo con garanzia diretta (cioè quando la garanzia è prestata direttamente dal Fondo ai soggetti finanziatori), la percentuale massima di copertura è all’80%;
  • Nei casi invece di controgaranzia ai Confidi la percentuale massima di copertura sale al 90% e l’importo massimo garantito per singola impresa arriva a un milione e mezzo.

Per le imprese non ricomprese nell’ambito di operatività del fondo interviene la Cassa depositi e presti spa ed in particolare:

  • le esposizioni assunte da Cassa depositi e prestiti (anche nella forma di garanzie di prima perdita su portafogli di finanziamenti) in favore di banche o altri soggetti autorizzati all’esercizio del credito che concedono finanziamenti sotto qualsiasi forma alle imprese che hanno sofferto una riduzione del fatturato a causa dell’emergenza coronavirus, possono essere assistite dalla garanzia dello Stato.
  • La garanzia dello Stato è rilasciata in favore di Cassa Depositi e Prestiti fino ad un massimo dell’80% dell’esposizione assunta,
  • La predetta garanzia è a prima domanda, orientata a parametri di mercato, esplicita, incondizionata e irrevocabile e conforme con la normativa di riferimento dell’Unione europea.

Alle predette misure si aggiungono poi quelle relative a mutui e finanziamenti per le imprese danneggiate dall’epidemia COVID-19 ovverosia:

  • per le aperture di credito a revoca e per i prestiti accordati a fronte di anticipi su crediti esistenti gli importi accordati, sia per la parte utilizzata sia per quella non ancora utilizzata, non possono essere revocati in tutto o in parte fino al 30 settembre 2020;
  • per i prestiti non rateali con scadenza contrattuale prima del 30 settembre 2020 i contratti sono prorogati, unitamente ai rispettivi elementi accessori e senza alcuna formalità, fino al 30 settembre 2020 alle medesime condizioni;
  • per i mutui e gli altri finanziamenti a rimborso rateale, anche perfezionati tramite il rilascio di cambiali agrarie, il pagamento delle rate o dei canoni di leasing in scadenza è sospeso sino al 30 settembre 2020 e il piano di rimborso delle rate o dei canoni oggetto di sospensione è dilazionato, unitamente agli elementi accessori e senza alcuna formalità, secondo modalità che assicurino l’assenza di nuovi o maggiori oneri per entrambe le parti; è facoltà delle imprese richiedere di sospendere soltanto i rimborsi in conto capitale.

Attenzione: Tali finanziamenti sono concessi a seguito di comunicazione da parte delle PMI e restano escluse le aziende le cui esposizioni debitorie siano classificate come deteriorate.

Ed, infine, vi sono le misure che prevedono la possibilità di recupero, sotto forma di credito d’imposta:

  • dei costi sostenuti dalle imprese per le spese di sanificazione degli ambienti di lavoro; il credito d’imposta, in questi casi, viene concesso ai soggetti esercenti attività d’impresa, arte o professione, ed è pari al 50% delle spese sostenute e documentate, fino a un massimo di 20 mila euro per ciascun beneficiario, nel limite complessivo massimo di 50 milioni di euro per l’anno 2020.
  • nella misura del 60% dell’ammontare del canone per i soggetti esercenti attività di impresa negli immobili rientranti nella categoria catastale c/1 (tra cui negozi e botteghe, stabilimenti balneari, opifici, alberghi e pensioni etc).
  • per le società che cedono a titolo oneroso entro il 31 dicembre 2020 i crediti, commerciali o finanziari, vantati nei confronti di debitori inadempienti possono trasformare in crediti d’imposta le attività per imposte anticipate (DTA) relative alle perdite fiscali non ancora computate in diminuzione del reddito imponibile alla data della cessione. Ma anche alle eccedenze ACE che alla data della cessione dei crediti non siano state ancora usufruite o dedotte dal reddito imponibile.

Seguiranno ulteriori aggiornamenti sulle modalità di utilizzo delle predette misure.

Autore: Gaia Menconi